Mattia Perin, umiltà e grinta
È il portiere del futuro, anche in chiave azzurra
Ha esordito nell’Under 21 a soli 17, ma non si sente un “enfant prodige”. Preferisce la normalità, il lavoro e una vita tranquilla lontano dai gossip e dalle luci della ribalta. Mattia Perin si racconta in tutta la sua sincerità tra sogni, vita di tutti i giorni e future ambizioni.
Ti aspettavi di essere titolare a soli 20 anni?
“Sinceramente non me lo aspettavo, ma questo è il sogno di tutti i ragazzi, mi pare normale. Arrivare ad esordire in A non deve essere un punto di arrivo, ma di partenza. La cosa più difficile poi è rimanere a certi livelli, bisogna trovare gli stimoli giusti, lavorare e migliorare giorno dopo giorno, mai pensare di essere arrivati. Non bisogna mai adagiarsi, il segreto sta sempre nel porsi nuovi obiettivi”.
Grazie alle tue parate spettacolari sei stato definito da molti “l’enfant prodige” dei portieri italiani.
“Mi fa piacere. Sono una persona che accetta i complimenti ma anche le critiche e sono consapevole che ho ancora tante cose da imparare”.
A soli 17 anni hai indossato la maglia azzurra nell’Under 21.
“Di questo ne sono orgoglioso, perché indossarla a quella età penso sia accaduto a pochi ed è stato un grande traguardo. Mister Casiraghi aveva molta fiducia in me e questo mi ha caricato molto. Inoltre è stato un onore aver giocato con Ogbonna, Ranocchia e Balotelli”.
L’anno dopo fai il tuo esordio in serie A, il 22 maggio 2011, a 18 anni, nella partita Genoa-Cesena (3-2) dell’ultima giornata di campionato.
“Ricordo che ero molto sereno, conoscevo tutti gli altri miei compagni, erano due anni che mi allenavo stabilmente con la prima squadra anche se giocavo ancora con la Primavera. Mi hanno fatto sentire subito a mio agio. Devo dire la verità: è stata una partita in cui mi sono anche divertito”.
È difficile riuscire a conciliare la scuola con il calcio?
“A 18 anni, pur essendo nel giro della prima squadra e dopo l’esordio, il mio obiettivo era quello di completare gli studi e ce l’ho fatta, diplomandomi. Non ho mai pensato di lasciare gli studi per il calcio, anche se, sin da piccolo, volevo fare il calciatore e diventare un professionista”.
Genoa - Padova - Pescara e poi il ritorno ancora al Genoa, queste le tappe della tua giovane carriera.
“Dopo l’esordio in A con il Genoa, l’anno successivo sono passato in B al Padova e all’inizio non giocavo, facevo il secondo, questo non mi ha demoralizzato, anzi, è stata una spinta e durante la stagione sono riuscito a conquistare la fiducia del Mister, disputando un buon campionato con 30 presenze. La stagione a Pescara è stata comunque positiva, nonostante la retrocessione, sono riuscito infatti a giocare con una certa continuità. Ritrovare il Genoa ancora in A è stato come un ritorno a casa. Considero il Genoa la mia seconda famiglia, sono arrivato qua a sedici anni e sono davvero orgoglioso di giocare con questa maglia in Serie A”.
A proposito di tappe. Sei passato anche del Trofeo Dossena nel 2009.
“Ricordo con piacere la mia presenza al Dossena. Ero tra i più giovani di quella formazione, tra gli altri c’erano anche Stephan El Shaarawy e Boakye. Ho giocato la partita contro il Pergocrema e abbiamo incontrato anche il Gremio e il NY Magic. Mi sono davvero divertito. È una bella vetrina per i giovani che devono mettersi in mostra per poi trovare l’anno successivo una riconferma, oppure una squadra tra i professionisti”.
Sei rimasto in contatto con El Shaarawy ?
“Sì, io e Stephan siamo molto amici e ci sentiamo spesso”.
Il calcio è la tua professione. Quali altri sport ti piacciono?
“Mi piace il tennis, anche se il basket, oltre al calcio, è il mio sport preferito”.
Il tuo hobby preferito?
“Non ne ho uno in particolare. Allenamenti e partite mi occupano molto tempo.
Sono una persona tranquilla, non amo andare in giro per locali e quello che più mi piace è una cena in compagnia di amici”.
Chi era il tuo idolo quando eri ragazzino?
“Nel basket Michael Jordan e nel calcio il grande Gigi Buffon, l’ho sempre ammirato e penso sia il più forte portiere di tutti i tempi”.
Ti seguono tante grandi squadre. Questo ti disturba o ti lusinga?
“Non può che farmi piacere ma non mi distrae dal mio lavoro di tutti i giorni e soprattutto mi sento già in una grande squadra, il Genoa. La città, i tifosi e il loro calore: è una piazza importante e sono molto legato a questi colori”.
Quando finisce una partita e le cose non vanno nel modo giusto, come ti analizzi?
“Io sono molto autocritico e credo che questa sia la cosa che mi aiuta a migliorare sempre. A parte alcune volte, non sono mai contento della mia prestazione e quindi durante gli allenamenti cerco sempre di dare tutto anche oltre i miei limiti”.
C’è una persona che devi ringraziare per dove sei arrivato?
“La mia famiglia prima di tutto e poi i mister che ho avuto. Un ringraziamento particolare sicuramente va a Gianluca Spinelli, l’allenatore dei portieri del Genoa perchè è stato uno dei pochi che ha sempre creduto in me”.
Cosa hai provato quando poco tempo fa hai ricevuto la chiamata da Prandelli?
“Grande soddisfazione. Indossare la maglia della Nazionale è un sogno di molti e bisogna lavorare tanto per conquistarla. Attualmente insieme a me ci sono tanti portieri forti nella scuola italiana”.
Ti vedi come il successore di Buffon?
“L’erede di Buffon non c’è ancora in giro perché lui sarà sempre il numero uno”.